martedì 31 luglio 2012

Community College e Universita' italiana (Parte 2)

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Mentalità studentesche a confronto
Ricapitolando, secondo la mia modesta opinione, l’università italiana è strutturata in modo sbagliato ed è anche per questo che esiste il fenomeno del fuori corso. Tuttavia noi studenti dovremmo fare autocritica e ammettere che se andiamo fuori corso è anche colpa della nostra mentalità sempre incline a scorciatoie che portano sulla strada della pigrizia e del disimpegno.
Vi racconto un episodio. Primo giorno del corso di Letteratura Inglese IV, Università di Napoli. La professoressa entra in aula e ci comunica che il corso è fondamentale e consiglia vivamente di frequentare e, per invogliarci a farlo, dice che avrebbe preso le presenze.
Alla parola presenze si scatena l’inferno: quaderni gettati per aria, urla e grida. Come si permette! Questo e’ fascismo! Decido io se voglio frequentare! Non ci può trattare così! Una vera e propria rivolta studentesca. La professoressa non si fa intimorire, in definitiva lo sta facendo per il nostro bene, e dalla lezione successiva inizia a prendere le presenze facendo girare tra i banchi un quadernone su cui gli noi studenti dovevamo scrivere il proprio nome. Ovviamente c’era sempre chi firmava anche per il compagno assente. Quindi la professoressa decise di cambiare metodo con l’appello orale. Ma poiché eravamo oltre cento studenti in aula, c’era sempre chi, magari tra le ultime file, alzava la mano rispondendo presente due volte e poiché la professoressa non poteva ricordarsi i volti di tutti, si arrese e rinunciò anche a fare l’appello. Gli studenti avevano vinto. Il “fascismo” era stato sconfitto.
Un episodio come questo sarebbe considerato assurdo da uno studente americano che nel suo candore pragmatico avrebbe detto: come è possibile? Pagate le tasse universitarie per avere un servizio e non volete frequentare? Siete pazzi.

Financial aid e borse di studio
I community college sono economici rispetto alle altre universita' ma sono comunque costose per uno studente internazionale perche' solitamente deve pagare tasse piu’ alte rispetto allo studente americano. Al college che ho frequentato gli studenti americani pagavano circa $4000 l’anno mentre gli studenti internazionali pagavano $8000. Si puo’ chiedere un aiuto economico all’ufficio del Financial Aid ma solitamente i fondi sono riservati agli studenti americani.
Per fortuna c'e' la possibilita’ di fare domanda per una borsa di studio dopo il primo anno di corso. Molte associazioni versano fondi al college per delle borse di studio da assegnare agli studenti piu’ bisognosi e meritevoli, inclusi gli studenti internazionali.
I criteri per l’assegnazione possono variare di molto e possono essere piuttosto particolari, in base alle preferenze dell’associazione. Ad esempio ricordo di una borsa di studio offerta annualmente da una famiglia che aveva perso il figlio in un incidente stradale. Il ragazzo studiava al college e stava terminando gli studi in marketing. Cosi’ dopo il tragico evento, la famiglia decise di donare ogni anno una borsa di studio di $1000 a uno studente di marketing che si fosse distinto per una media alta e che si trovasse in difficolta' economiche.  Alcune associazioni assegnano borse di studio solo a studenti di una determinata nazionalita’ mentre alcune aziende locali preferiscono assegnarle solo agli studenti che studiano materie legate al loro settore.
Alla fine del primo anno di corsi mi arrivo’ una lettera da un ufficio del college in cui mi comunicavano che, poiche’ durante il primo anno avevo ottenuto una media esami alta, potevo fare domanda per una borsa di studio. E io non ne sapevo niente, credevo che anche le borse di studio venissero assegnate solo agli Americani.
Cosi’ scelsi alcune associazioni in base ai criteri delle borse di studio, e inviai la mia domanda per mezzo di una lettera in cui descrivevo la mia esperienza al college e le mie aspettative per il futuro, il tutto condito da qualche passaggio strappalacrime o patriottico sulle opportunita’ offerte da questa grande Nazione e sulla mia gratitudine per essere stato accettato temporaneamente dalla terra della Liberta'...sperando di  “fare breccia nel loro cuore”. Dopo qualche settimana ricevo la comunicazione da parte del college in cui mi comunicano che una di queste associazioni aveva deciso di assegnarmi due borse di studio di $1500 all’anno. Mi direte che non e' tantissimo ma mi hanno dato una boccata di ossigeno aiutandomi a coprire molte spese. E ho ringraziato tantissimo.
Tirando le somme
Il community college e per estensione l’universita’ americana ha oggettivamente molti aspetti migliori rispetto all'universita' italiana: strutture all’avanguardia, gli stessi corsi vengono offerti in orari differenti, il professore e' sempre disponibile e soprattutto il voto viene "costruito" durante il corso e e cio' non consente di andare fuori corso.
L'aspetto meno positivo di un community college e' che l’istruzione, pur essendo molto orientata al mondo del lavoro, e’ sicuramente di qualita' inferiore rispetto a quella che viene impartita in una comune universita' italiana.
Ovviamente le cose si ribaltano se paragoniamo una buona universita’ italiana con una prestigiosa universita’ americana come Harvard, Yale, UCLA o NYU.
La differenza principale, come tutti sappiamo, riguarda il settore della ricerca ma un'altra differenza, forse meno nota a noi Italiani, e' che il laureando di una delle importanti universita' americane viene gia' osservato e "corteggiato" dalle aziende che spesso gli propongono stipendi molto alti gia' prima della sua laurea.
Nonostante tutto, le universita’ italiane ed europee vengono tenute in alta considerazione dalle istituzioni americane e parlando con alcuni laureati di Harvard, Yale e MIT mi sono reso conto che le migliori universita’ italiane hanno poco da invidiare alle universita' americane.
Probabilmente la differenza sostanziale e’ il modo in cui sono strutturate che consentono a uno studente americano di laurearsi gia' a 22-23 anni e a uno studente italiano di vagare per anni nell'oscuro mondo del fuori corso e di laurearsi anche a 35 anni...

Community College e Universita' italiana (Parte 1)

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È di questi giorni la notizia di una proposta di legge per far pagare tasse più alte agli studenti universitari che vanno fuori corso. In realtà i fuori corso già pagano di più rispetto a chi si laurea nei tempi previsti, perché devono continuare a pagare le tasse annuali, ma i nostri politici dovevano trovare qualche metodo creativo per fare cassa e lo fanno sfruttando una delle tante disfunzioni del sistema universitario che essi stessi hanno messo in piedi.

Credo di essere un esempio vivente di come il nostro sistema universitario sia arretrato rispetto ad altri Paesi, e posso fare un confronto tra Italia e Stati Uniti, avendo studiato sia in un'università italiana che in un community college americano.
In Italia sono andato fuori corso e mi sono laureato in quasi sette anni invece dei quattro previsti. Certo, non posso negare le mie colpe per questo ritardo, ho cambiato sede universitaria e mi sono adagiato negli ultimi anni, anche perché potevo rimandare gli esami e andare a "tentarli" solo quando mi sentivo sicuro.

Quando mi sono iscritto ad un corso di laurea biennale ad un Community College americano...come per magia mi sono laureato esattamente nei tempi previsti: due anni. Sono diventato improvvisamente un genio? No, semplicemente il sistema universitario americano è organizzato in modo migliore e non consente di impigrirsi e di andare fuori corso. Anzi credo che il concetto di fuori corso sia quasi sconosciuto negli Stati Uniti.

Vi descrivo alcuni aspetti della mia esperienza al Community College e le differenze, positive e negative, con l'università italiana.
Il Community College e' un’istituzione che offre solo i primi due anni universitari a costi molto accessibili rispetto alle rinomate e costosissime Università come Harvard, Yale, Columbia, NYU, MIT e tante altre.
Ottenuta una laurea biennale, simile alla nostra laurea breve, chi lo vorrà potrà continuare trasferendosi a un'università più rinomata (e costosa) che offre anche il terzo e quarto anno, e quindi il Bachelor's Degree. Molti studenti usano questa strategia per risparmiare almeno sul primo e secondo anno.

Gli studenti di un Community College sono un vasto campionario umano anche perchè il community college offre anche corsi di Inglese per stranieri o certificazioni più svariate della durata di un anno. C'è chi non ha superato i test di ammissione a un'università importante o chi semplicemente non può' permettersene i costi.  C'e lo studente internazionale che adotta la strategia di iscriversi a questo college economico per avere tempo per guardarsi attorno e cercare un lavoro (ehm eccomi qua!). C'è chi ha una certa età (ho frequentato corsi anche con sessantenni) e studia per puro piacere o chi vuole perfezionarsi in un aspetto specifico del proprio lavoro per poter poi richiedere un aumento al proprio manager.

Ecco alcune differenze rispetto all’università italiana:

Entita’ astratta vs Professore amico
Il professore italiano è un’entità astratta semidivina che arriva puntualmente in ritardo tanto per far capire chi comanda. Credo che il "quarto d’ora accademico" esista solo in Italia. Ricordo che spesso i miei prof non potevano venire a lezione e lo comunicavano quando tutti noi eravamo già in aula in attesa. Mandava un suo messaggero che, a mo' di Arcangelo Gabriele, arrivava a portare la lieta novella a noi studenti. Lieta per noi studenti Italiani. Gli studenti americani si sarebbero arrabbiati. Soldi spesi per non perdere una lezione?
Agli orari di ricevimento il professore italiano non compare e gli studenti iniziano a mormorare che bisogna avere fede, pregare tanto, e forse un giorno il miracolo avverrà.
Al community college il professore è sempre puntuale, addirittura arriva prima di tutti, apre la porta dell'aula con la sua chiave, e prepara diapositive o altro materiale in attesa degli studenti. 
In ogni classe ci sono al massimo una trentina di studenti e si crea un rapporto quasi amichevole. Il prof ti chiama per nome, ti fa delle domande ed è sempre gentile e disponibile. Fuori dall’aula risponde alle tue email ed è sempre presente agli orari di ricevimento. E sono sempre cordiali e disponibili. Pensate che la mia prof del corso di composition sapendo che non avevo la macchina e che dovevo prendere l'autobus delle 10pm per tornare a casa, a fine lezione mi dava spesso un passaggio perché che casa mia era sul suo tragitto di casa.
Io mi sentivo molto a disagio: cosa avrebbero pensato gli altri studenti? Un amico, un raccomandato? E invece è stata tra tutti la professoressa più severa con me, quella che mi ha messo il voto finale più basso (B). A tutti gli altri corsi ho preso di più. Ma si vede che mi meritavo quel voto.

Corsi a tutte le ore
Al community college ogni corso viene offerto a orari differenti per venire incontro a chi lavora. Ho frequentato anche corsi dalle otto alle dieci di sera, dal lunedì' al venerdì, e dalle nove alle dodici di sabato mattina. In Italia invece ogni anno avevo dei problemi perché alcuni corsi del mio piano di studi coincidevano e dovevo decidere di frequentare un corso un semestre e l'altro corso il semestre seguente.
In America ti vengono incontro per il lavoro, per loro fare solo lo studente e iniziare a lavorare dopo la laurea è ai confini della realtà.
Lo so che anche in Italia le cose stanno cambiando ma quando frequentavo l'università, meno di dieci anni fa, forse solo il 10% degli studenti lavoravano e studiavano, tutti gli altri (me compreso, lo ammetto) non concepivano minimamente che si potesse lavorare e studiare allo stesso tempo e l'università non era strutturata per facilitare l'esistenza di studenti-lavoratori.

Molta pratica e voto costruito durante i corsi
La differenza fondamentale con l’università italiana, almeno con quella che ho frequentato, e’ che al community college il voto lo costruisci gradualmente durante i corsi.
In Italia, specialmente per le materie umanistiche, il professore spiega le sue lezioni per mesi interi e gli studenti prendono appunti in religioso silenzio per iniziare a studiare solo alla fine del corso.
Al mio community college il professore spiegava un argomento, chiedeva se ci fossero domande e ci metteva subito all'opera, con esercizi, saggi o composizioni e lavori di gruppo. Girava tra i banchi, ascoltava, dava consigli e se uno studente aveva ancora dei dubbi spiegava tutto da capo per essere sicuro che avesse capito e non sarebbe rimasto indietro. Al termine di ogni lezione, assegnava gli homework, le esercitazioni da fare a casa che formavano il portfolio personale che avrebbe costituito parte integrante del voto finale. Ogni settimana c’era un test in classe e a metà corso il midterm, il test di meta’ corso, che costituiva una buona parte del voto finale. E così tra pratica in classe, esercitazioni a casa, test e midterm si arrivava al final, l’esame finale che a quel punto era quasi una formalità per determinare il voto finale. Ma l'esame lo superavamo tutti senza problemi, al primo colpo, senza ritardi. E avanti al prossimo esame.

Scritto vs orale  
Tranne che in alcuni rari casi, la stragrande maggioranza dei corsi americani è strutturata sulla modalità scritta con continue esercitazioni, saggi e composizioni. Anche le valutazioni vengono fatte tramite i test scritti, a scelta multipla.
Ero prevenuto verso i test a risposta multipla. Facile l’universita’ americana con i test a scelta multipla!  - pensavo. Ma non era così perché le domande dei test, una base a come sono strutturati, possono essere davvero difficili e se non hai studiato non puoi contare sul fattore fortuna
Credo che la scelta dei test scritti invece che orali sia uno dei tanti aspetti del pragmatismo e di un certo senso di giustizia americano.
Mi spiego. I test vengono corretti tramite un sistema computerizzato e il professore non ha voce in capitolo. La valutazione e’ una questione puramente matematica in base al numero di risposte corrette.
Gli ingiusti voti a simpatia e antipatia che si verificano spesso in Italia agli esami orali non sono possibili. Quante volte in Italia uno studente viene bocciato semplicemente perché il professore o il suo assiste si è svegliato con la luna storta? Quante volte l’esame dura cinque minuti, e a allo studente vengono fatte due domande alle quali non è molto preparato e viene bocciato? Magari sapeva rispondere a moltissime altre ma è stato sfortunato. Venga alla prossima sessione...e passano i mesi. E quante altre volte accade anche l’opposto, uno studente ha studiato pochissimo ma e’ fortunato perchè il prof gli fa le uniche due domande alle quali sa rispondere e gli mette trenta?  Tra parentesi chi garantisce che quel professore non sia un amico di famiglia dello studente e lo informa in anticipo delle domande che gli farà all'orale? Queste ingiustizie non sono possibili con i test in forma scritta.

Valutazione del professore
Un’altro aspetto che mi e’ piaciuto del community college americano è la valutazione che gli studenti fanno al professore a fine corso (magari ora c'e' anche in Italia, ai miei tempi non c'era). Funziona così: verso la fine del corso il professore consegna delle schede di valutazione agli studenti ed esce dall’aula. Gli studenti compilano la scheda in forma anonima e danno dei voti sull’operato del professore. Poi uno degli studenti raccoglie le schede, le mette in una busta che chiude davanti a tutti e va a imbucarla in una grande cassa del college, simile a una cassetta per le lettere. Credo che questa cassetta venga aperta dai dirigenti del college che probabilmente comunicheranno al prof la valutazione degli studenti e gli diranno se ci sono aspetti da migliorare. Probabilmente anche aumenti, promozioni e licenziamenti sono influenzati dalle valutazioni degli studenti. 
Altro che baronie e cattedre universitarie che vengono tramandate da padre in figlio!

To be continued...

domenica 29 luglio 2012

My Philosophy (by Stefano Spadoni)

I was born an Italian, but it could have happened to me had I been born Chinese, an Afghan, a Russian, a Palestinian, an American, a Congolese, an Iraqi, or an Argentinean.

I was born a Caucasian, but it could have happened to me had I been born Asian, Polynesian, African American, Hispanic or someone of mixed ethnicities.

When I was a child I was baptized a Catholic, but it could have happened to me had I been born and raised as a Buddhist, Muslim, Jew, Evangelic, Shintoist or Animist.

I was born a straight male, but it could have happened to me had I been born a woman, a homosexual, an hermaphrodite or an eunuch.

I was born with two legs and two arms, but it could have happened to me had I been born without one or all of my limbs. I can walk and run but I could have been destined to a wheelchair as well.

I was born with good sight, but it could have happened to me had I been born blind. I can hear, but I could have been deaf.

I did not choose anything that which I was born with, so I have no merits or shame for it, this goes for every other human being.

Indeed, as for every other human being, I have the power to make choices and the right to judge if what was taught to me is right. As a consequence, I have the right to refute anything taught to me, if deemed incongruous to who I am and how I feel.

Indeed, I feel proud to belong to a any nation in the world where you can vote freely, and where you are not incarcerated because of your opinions.

I feel proud to belong to the race who fights for justice, whatever the color of his/her skin.

And I deeply respect every religion which is respectful of others, because it could have happened to be my religion.
And I deeply respect any form of sexuality which is respectful of others, because it could have happened to be my sexuality.
And if my birth brother became a criminal, he would no longer be my brother. The police officer chasing him would become my brother, because capturing a criminal makes this world a better one.

That's why I think that racism is the greatest aberration, I look with sadness at people who tell they are proud of the heritage with which they were born into and the character traits that come along with that particular heritage. However, I think you can be proud just about something you chose and/or something for which you worked for.

So I look with suspicion at whoever feels closer to other people who share the same characteristics or heritage from birth or for those who feel an inherent obligation toward them.

I would never fight a war to defend a land just because it happened to be that I was born there, I would fight with the inhabitants of a land that has the values for which I choose to defend. I choose, first of all the freedom to be what I want to be.
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Nota:
Ho inserito questo post sul My Philosophy di Stefano Spadoni perche' e' esattamente anche la mia filosofia di vita. Ultimamente leggo e sento commenti anche da parte di miei amici e conoscenti in cui mi si dice che non dovrei tornare in Usa, che bisogna restare in Italia per combattere e migliorare le cose, perche' chi va via e' anche causa del continuo degrado italiano e chi va via e' un vigliacco che si arrende. Non credo che questi ragionamenti siano corretti. Innanzitutto un tentativo di tornare a vivere in Italia lo ho anche fatto e in effetti sono ancora qui, intrappolato in questo Paese da quasi due anni, tornato con ottimismo e desideroso di andare di nuovo via.
E poi chi lo ha detto che bisogna restare a vita nel Paese in cui si e' nati? Non ho scelto io di nascere in Italia. Non ho firmato un patto di sangue con questo Paese. Io penso che ogni persona abbia il diritto di poter scegliere dove vivere. I ragionamenti da tribu' o da tifo da stadio per cui bisogna sempre difendere il Paese in cui si e' nati o la religione che ti e' stata insegnata e inclulcata non mi hanno mai convinto.
Dedicato a tutti coloro che hanno avuto la forza e il coraggio di andare all'estero per una nuova vita.

giovedì 26 luglio 2012

50 Stelle con Federico Buffa


"50 Stelle, tutti gli Usa Stato per Stato" e' un programma andato in onda su Radio Svizzera e condotto da Marco Zucchi con Federico Buffa, grandissimo esperto di sport americani e degli Stati Uniti.
In ogni puntata, Buffa ci parla della storia, delle tradizioni e di tante altre piccole curiosita' di uno dei cinquanta Stati americani.
Ecco il link ad alcuni degli Stati, inclusi i miei cari Connecticut e Maine, ma se c'e' uno stato al quale siete particolarmente affezionati o se volete sapere qualcosa su stati meno conosciuti, su YouTube li troverete tutti. Grazie Federico Buffa!
New York
California
Connecticut
Florida
Maine

Dall'Italia agli Usa: dall'ottimismo al disgusto (Parte 2)

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La mia prima esperienza lavorativa italiana si era conclusa male. Pazienza. Breve flashback: prima di essere assunto dai due titolari scorretti, avevo iniziato a fare l’occhiolino all’Inghilterra e a tempo perso avevo inviato il CV a una decina di compagnie italiane con sede a Londra. Cosi' tanto per seminare un po' anche fuori dall'Italia. Proprio il giorno in cui pensavo seriamente di licenziarmi e mandare al diavolo i titolari che mi avevano illuso, ricevo un’email da una compagnia itaiana con sede a Londra in cui mi chiedono se sono interessato ad andare a sostenere un colloquio per una posizione di sei mesi per una sostituzione maternita’. Forse un segno del destino per dirmi: licenziati e manda al diavolo questa gente e rimetiti in gioco, rischia, fai un tentativo, magari si apre una nuova porta. Cosi' una settimana dopo volo a Londra per un weekend turistico e per sostenere il colloquio il Lunedi'. Torno in Italia e dopo un paio di settimane mi telefona il manager da Londra per dirmi di preparare le valigie perche' dopo una serie di colloqui hanno deciso di assumermi! Ottimo! Trovo una stanza tramite internet e parto per questa nuova avventura. Firmo il contratto (ovviamente al primo giorno di lavoro) e faccio un'esperienza importante. Il manager e i colleghi sono molto simpatici, professionali e cordiali ma a fine contratto devo tornare in Italia. Nononstante sia stata una bella esperienza non mi e' dispiaciuto tornare in Italia, perche' il clima londinese era sempre uggioso, riuscivo a frequentare gli amici raramente, dovevo condividere casa con un ragazzo la cui ragazza veniva in visita molto spesso ed era a dir poco odiosa, lei che era ospite cercava con arroganza di dare ordini. Inoltre, motivo fondamentale, lo stipendio era appena sufficiente per sopravvivere e coprire le spese. Affitto e mezzi di trasporto sono infatti molto cari a Londra.
Le mie meditazioni mi portano a pensare che se proprio devo vivere all'estero preferisco gli Stati Uniti. Ma gli Usa in quel periodo non sono ancora nei miei pensieri anche perche' voglio tornare in Italia per fare un altro tentativo e valutare un’opportunita’, un potenziale asso nella manica che ho da qualche tempo. Conosco i titolari di un'azienda con i quali sono in contatto sin da quando vivevo in Usa e mi hanno sempre detto che se mai tornassi in Italia potrei passare da loro per un colloquio. Potrebbe essere l’occasione giusta per potermi sistemare con uno stipendio dignitoso nel luogo in cui ho sempre vissuto. L'azienda non e' lontana da casa mia e non dovrei pagare l’affitto, vivrei vicino ai miei genitori e agli amici di una vita. Dopo tanto vagare, tornare alla base e ri-mettere le radici nel luogo in cui sono cresciuto mi sembra una buona idea. L'esperienza all'estero potrebbe essere servita ad ottenere un buon posto di lavoro nel mio luogo di origine e il cerchio si chiude.
Dopo una serie di colloqui che sembrano un interrogatorio della CIA e in cui mi chiedono anche di cosa si occupano i miei genitori e i miei fratelli (?!) decidono di propormi un breve contratto a progetto di una settimana per delle traduzioni, cosi' tanto per iniziare a mettere un piede dentro l'azienda, mi dicono. Teoricamente con il contratto a progetto si puo’ lavorare anche da casa ma mi dicono che preferiscono che vada a lavorare in ufficio rispettando i normali orari di lavoro cosi’ ho modo di familiarizzare con i vari dipartimenti e conoscere i potenziali nuovi colleghi. Si tratta di un orario settimanale di ben 44 ore. E la paga? Solo 100 euro. Facendo due calcoli e’ meno di 3 euro l’ora, prenderei di piu' andando a fare le pulizie nelle case, ma accetto anche perche’ mi dicono che l'azienda si sta strutturando proprio in quel periodo e ci sono molte possibilita' per il futuro, e al momento e’ funzionante il call center, il back office, e si e’ appena avviato il settore marketing e verranno strutturati altri settori. Restano vaghi sul tipo di lavoro che potrei svolgere e sullo stipendio ma fanno intendere che per me potrebbero esserci dei ruoli importanti in futuro, magari nel settore marketing-commerciale, magari con rapporti con l'estero. Ma il discorso e' sempre vago anche quando si parla di stipendio. Il titolare sa quali sono stati i miei ultimi stipendi all'estero e quali sono quindi le mie aspettative ma continua nella sua vaghezza: si, le possibilita’ ci sono, ma dobbiamo vedere, al momento siamo in fase di crescita e mi chiede di frequentare un corso di formazione, non pagato, di una settimana con una quindicina di altre persone, in cui verra’ descritto approfonditamente il funzionamento dell’azienda.
Non ho un buon sentore, tutto e' troppo vago, ma decido di frequentare il corso piu’ per curiosita’ che altro. E alcune cose iniziano a non quadrarmi. Durante la settimana di corso gli istruttori parlano soprattutto di call center e della gestione del telefono e poi a fine fanno cenno anche ad una seconda settimana pratica, per chi superera' un test. Ovviamente il test e' molto facile e fanno in modo che lo superiamo tutti. Nelle loro intenzioni deve anche sembrare che ci siamo meritati il passaggio a questa (poco chiara) seconda fase del corso.
Come tutti gli altri ragazzi del corso, dopo la prima settimana di corso, che tutti credevamo che fosse la prima e ultima, e dopo il test, vengo connvocato di nuovo nell'ufficio del titolare che mi chiede cosa ne penso dell’azienda e mi spiega che finita la prima settimana teorica, e superato il test (con tante congratulazioni) ora c'e' una seconda settimana  di corso pratico in cui ognuno verra’ messo al call center affiancato da un veterano. Il quadro non mi piace per niente. Avevano detto che il corso sarebbe durato una settimana e ora sbuca fuori questa seconda settimana che altro non e' che una settimana di lavoro aggratis. E poi...call center??? Sia a me che a molti ragazzi del corso era stato detto che cercavano laureati in materie umanistiche e giornalistiche e a tutti avevano prospettato seppur vagamente una posizione nei settori back office o marketing. Con tutto il rispetto per chi lavora al call center, non era per questo che eravamo stati contattati. Ma voglio capire meglio a che gioco stanno giocando e chiedo quali sono le prospettive future se dopo questa seconda settimana di corso mi assumessero. E gli faccio scoprire le carte. E la proposta tanto attesa che fanno a tutti indipendentemente da lauree o esperienza e': un contratto a progetto di un mese per lavorare al call center a 400euro netti al mese! Il contratto potra' poi essere rinnovato di volta in volta (per chissa' quante volte).
Il titolare continua spiegando che al momento hanno bisogno soprattutto di persone al call center, che anche i manager hanno iniziato dal call center e che ci sono ottime possibilita' per il futuro.
Ma signori miei sarei anche disposto a iniziare dalla gavetta ma 400 euro al mese? Per lavorare 44 ore a settimana e spesso anche il sabato e la domenica? Come mi pago un affitto? Ovviamente devo vivere con i miei genitori e chiedere il loro aiuto economico. Se solo di benzina per venire al lavoro in un mese spendo almeno 200euro, cosa mi rimane? E la cosa triste e che molte ragazze dopo la proposta da fame, sempre la stessa a tutti, iniziano a fare discorsi come: beh questa e', dobbiamo farci i conti. Se a fine mese ci restano anche 20euro conviene accettare. Meglio di niente visto che qui non si trovano altri lavori. E in effetti per una persona che rifiuta ce ne sono altre dieci disperate che bussano alle porte dell'azienda per sostenere un colloquio.
Tra l’altro scopro parlando con i ragazzi che lavorano li’ da qualche anno che prospettive di aumenti o di avanzamenti sono solo miraggi. In poche parole, siamo tutti carne da macello da sfruttare per il call center.
Quanta differenza dalla mia situazione lavorativa in America dove venivo valorizzato e guadagnavo benino.Non era tutto rose e fiori e di momenti difficili ce ne sono stati molti ma ero indipendente, non dovevo vivere con i miei (ai quali voglio un gran bene ma bisogna anche staccarsi da loro a un certo punto).  Vivevo in affitto in un bell'appartamentino, ero riuscito a comprare una macchina (a rate), ogni tanto potevo concedermi qualche viaggetto e togliermi i miei sfizi. Ma secondo voi con 400 euro al mese come si fa a vivere e a costruirsi un futuro? A me sembra schiavismo.
E quindi e' inutile dirvi che anche con questa azienda ho deciso di non proseguire e fu proprio questo episodio che mi fece deprimere per qualche giorno ma mi fece anche riflettere e riconsiderare gli Stati Uniti. Inizio' a rafforzarsi in me la convinzione che fu un errore lasciare gli Stati Uniti e decisi che cerchero' di ritornarci.
E sono ormai alcuni mesi che ogni giorno faccio ricerche e invio il Resume a compagnie italiane in America. Ma voglio chiudere questo lungo post con una frase del titolare che riassume bene la mentalita' di molti imprenditori italiani. Quando gli descrissi con molta umilta' la mia esperienza lavorativa negli Stati Uniti, sapete cosa mi disse? Probabilmente la sua tattica e' sempre "abbassare" il valore dei candidati cosi' da poter offrire una paga bassa. Mi disse: beh certo sicuramente sarai stato anche in America per tanti anni ma io la considero semplicemente un’esperienza di vita. Qui possiamo offrirti 400 euro netti al mese.
E poi dicono che i giovani vanno all'estero.

domenica 22 luglio 2012

Trasferirsi negli Stati Uniti (Parte 3) - Da studente a lavoratore

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Avete ottenuto un visto studente e ora potete tranquillamente restare in Usa oltre i tre mesi da turista (in alcuni casi si puo’ arrivare anche a sei mesi). 
Ripeto che essendo in Usa in qualita' di studenti, non potete iscrivervi e non frequentare anche perche' l’immigration verra' informata e potreste essere mandati indietro in Italia. Teoricamente se siete studenti non potete lavorare ma ci sono delle eccezioni.
Se vi iscrivete ad un corso di studi biennale ad un Community College (come ho fatto io) vi e' concesso lavorare part time in uno dei tanti uffici del college. Potete lavorare solo all'interno del college, e per nessun'altra compagnia esterna. (Io trovai lavoro in solo un'ora di ricerca chiedendo a tutti gli uffici se avessero bisogno di un assistente. Proprio in quel momento il Direttore del Dipartimento ESL, English as a Second Language, stava mettendo un annuncio in bacheca perche' l'assistente precedente era andato via il giorno prima...mi fece un breve colloquio e decise di assumermi). La paga solitamente non e' altissima, circa $8-10 l’ora, e potrete lavorare solo part time, non oltre 20 ore a settimana, ma la cosa importante e’ che a questo punto per lavorare, il college vi fara' ottenere l’importantissimo SSN (Social Security Number), che e' l’equivalente del nostro codice fiscale ed e' indispensabile per poter lavorare legalmente in USA. In ogni job application form (modulo per la domanda di lavoro) che compilerete in futuro vi sara' sempre richiesto il SSN e se non lo avete e' inutile continuare a compilare il modulo. Verra' cestinato al 100%.
Dopo il primo anno del college c'e' una importante novita': sarete autorizzati autorizzati a lavorare anche fuori dal college, ma sempre e solo part time.
Questa potrebbe essere la vostra occasione per cercare attivamente un'azienda disposta a sponsorizzarvi per un visto lavorativo dopo la fine del biennio al college.
Potreste non riuscire a trovare una compagnia disposta ad assumervi part time ma anche in questo caso il college potra' esservi di aiuto.
Ci sono degli uffici del college che sono in costante contatto con le aziende locali e potrebbero aiutarvi nella ricerca anche perche' quasi tutti i corsi di studio prevedono un esame piuttosto particolare al secondo anno che consiste nel fare un'esperienza lavorativa di circa tre mesi in un’azienda. Alla fine dei tre mesi il professore chiedera’ una valutazione al manager sul vostro operato, e verra’ per qualche ora in azienda per vedere cosa fate durante una giornata tipo. Alla fine del corso, dopo la valutazione del manager e una vostra relazione scritta, il professore vi dara' un voto. Il college puo' quindi rivelarsi un utile tramite tra studenti e aziende. Probabilmente vi state chiedendo se l'azienda vi paghera' per questi tre mesi. Dimenticavi l'Italia in cui in occasioni simili sembra quasi che l'azienda vi faccia un favore e con la scusa che non avete esperienza fa sembrare che siete quasi un peso e vi paga poco o niente. Queste cose sono inconcepibili o perlomeno molto rare in Usa. State lavorando, siete utili all'azienda e quindi verrete pagati e anche onestamente. Perche' mai dovrebbe essere il contrario?
In un modo o in un altro prima della fine del biennio avrete probabilmente iniziato a lavorare per un’azienda che dopo avere visto il modo in cui lavorate potrebbe proporvi un contratto di lavoro  prolungato e sponsorizzarvi per un visto lavorativo.
Quando raggiungerete questo importante traguardo dovrete rivolgervi ad un avvocato di immigrazione che per le pratiche del visto. Potreste dover aspettare qualche mese prima dell’approvazione dell'immigration e se il visto viene approvato dovrete andare ad una ambasciata Americana in Italia per ritirarlo ma per evitare tempi morti e per non dover tornare in Italia ed aspettare l'approvazione del visto, il college puo’ tornarvi di nuovo utile con l’OPT. Cosa e' l'OPT?
L’Optional Practical Training si puo’ richiedere quando state per completare il biennio al college e consiste in un periodo di un anno in cui potete continuare a restare legalmente in USA e lavorare full time per mettere a frutto cio’ che avete imparato nei due anni di college. Potrete quindi lavorare sotto OPT aspettando l’approvazione del visto lavorativo.
Ottenuto il work visa avrete poi modo di risidiere per altri in Usa e sistemarvi piu' stabilmente. 
Teoricamente potreste restare molto a lungo rinnovando il visto a intervalli di vari anni ma quasi tutti i visti vengono rinnovati solo fino a un certo punto dopodiche' dovrete tornare in Italia. Il prossimo passo  quindi e’ cercare di abbandonare il mondo dei visti e ottenere la tanto agognata Green Card, cioe’ il permesso di vivere (e lavorare) permanente negli Stati Uniti. Non e' per niente facile ottenere la GC, e ci sono vari metodi tra i quali  il matrimonio con uncittadino americano/a o vincerla per estrazione alla lotteria annuale in cui ne vengono assegnate alcune migliaia di GC per sorteggio! Ma se volete proseguire per la comune strada lavorativa una buona idea e' chiedere alla compagnia per la quale state lavorando con visto lavorativo se e’ disposta a sponsorizzarvi per la green card. Bisogna dimostrare che la vostra figura e' davvero essenziale e dimostrare che la compagnia non e' riuscita a trovare altri Americani con le vostre caratteristiche particolari. Le pratiche sono molto costose (sui 10mila dollari) e durano anche molti anni in cui non potete cambiare compagnia, o meglio potete farlo ma poi cosa fate? Dovrete farvi assumere da un'altra compagnia disposta a sponsorizzarvi per la green card e iniziareda capo tutte le pratiche. Sprechereste tempo e molto denaro! Se siete arrivati a questo stadio dovete avere molta pazienza anche perche' alcuni datori di lavoro potrebbero approfittare della vostra situazione "bloccata" e se chiedete un aumento, anche se meritato, il capo potrebbe non concedervelo adducendo delle scuse. Sa che non potete “scappare” finche’ non ottenete la Green Card e quindi o come dice lui o come dice lui, non siete ancora nello stesso status di un americano che puo' cambiare lavoro dall'oggi al domani accettando le offerte del migliore offerente ma fa parte del gioco e del vostro investimento di vita. In queste occasioni, dovete stringere i denti e avere tanta pazienza. Io ero arrivato a meta' delle pratiche per la GC ma poi per vari motivi, circa due anni fa, sono dovuto tornare in Italia. Comunque ero sulla strada buona e spero di poter tornare presto negli States perche' mi manca la via vita americana e in Italia non vedo futuro. Ma di questo ve ne parlero’ prossimamente. Direi che i miei post su come Trasferirsi negli Stati Uniti terminano qui.
Fatemi sapere se avete domande o se avete vissuto esperienze simili. Alla prossima.

giovedì 19 luglio 2012

Trasferirsi negli Stati Uniti (Parte 2) - Visto Studente


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Per poter lavorare legalmente negli Stati Uniti bisogna avere uno sponsor cioe’ una compagnia disposta ad assumerti dichiarando all’Immigration che vuole assumere proprio te perche’ dopo una lunga ricerca, tramite annunci su vari siti e giornali, non e’ riuscita a trovare un americano adatto alla posizione. Quindi l’azienda e’ sostanzialmente “costretta” ad assumere te, extra-comunitario italiano, perche’ anche se non sei americano hai determinate caratteristiche adatte a ricoprire quella posizione. L’Immigration valuta attentamente la pratica e decide se concedere il visto lavorativo (Work Visa).
Esistono vari tipi di visto lavorativo e il mio consiglio e’ di rivolgervi sempre ad un avvocato esperto in pratiche di immigrazione il quale, per qualche migliaio di dollari, riuscira’ a farvi ottenere un visto senza grossi problemi.
Ma ovviamente prima di rivolgervi a un immigration lawyer dovete riuscire a trovare un’azienda americana disposta ad assumervi. E non sara’ facile perche’ se siete domiciliati in Italia il vostro CV (in Usa e' chiamato Resume) verra’ probabilmente cestinato.
Potreste quindi decidere di partire per i tre mesi consentiti per turismo, ma anche in questo caso c’e’ un dettaglio da non trascurare. Se andate in Usa come turisti, dovete fare i turisti. E non potete cercare lavoro perche' siete li’ per turismo e lo avete anche dichiarato alle autorita’ americane al vostro arrivo all’aereoporto.
Generalmente negli Stati Uniti le autorita’ credono a tutto cio’ che dite e siete considerati onesti fino a prova contraria. Ma se scoprono che avete mentito, non vorrei essere nei vostri panni. Ricordate che un certo Bill Clinton dovette dimettersi non tanto per la sua condotta, giudicata immorale da moltissimi Americani, ma per il fatto di aver mentito alla Nazione. Inoltre se anche voleste utilizzare i tre mesi da turista per cercare lavoro (cosa che, ripeto, sconsiglio vivamente perche’ e’ illegale) dovete tenere in conto che tre mesi potrebbero non bastare. E allora, cosa si puo’ fare?
Una strategia che hanno adottato in molti e’ iscriversi ad una scuola di Inglese, a un college o a un’universita’, insomma il modo per lavorare in Usa e'...studiare in Usa.  E’ una strategia lunga e costosa ma alla lunga puo’ risultare vincente. I vantaggi sono molteplici. Innanzitutto le autorita’ americane concedono facilmente lo Student Visa perche’ voi state portando in terra americana un po’ dei vostri sudati risparmi e le porte per chi aiuta anche in minima parte a far girare l’economia americana vi saranno sempre aperte.
Inoltre il visto da studente vi consente di aggirare la restrizione dei soli tre mesi concessi per turismo perche’ dura esattamente per l’intera durata dei corsi. Piu’ lungo e’ il percorso scolastico scelto e piu’ tempo vi sara’ concesso di restare in Usa. Ma va da se’ che  piu’ ci restare e piu’ dovete spendere, anzi piu' precisamente piu' ci restate e piu' dovete investire. Investire e' il termine piu' corretto.
L’utilita’ di poter risiedere in Usa per molti mesi o addirittura qualche anno e’ di poter iniziare a vivere da veri americani e di immergervi totalmente nel loro stile di vita, capirne meglio cultura, mentalita’, tradizioni, e last but not least iniziare a comprendere come funziona il loro mercato del lavoro. Inoltre sia a scuola (sia essa una scuola di inglese, un college o un'universita'), che fuori potrete fare conoscenze interessanti e inizare a crearvi una rete di amicizie e di contatti che potranno risultare utili in futuro.
A questo punto avrete gia’ messo un piede in terra americana e l'American Dream non sara' piu' cosi' irraggiungibile. To be continued...

martedì 17 luglio 2012

Trasferirsi negli Stati Uniti (Parte 1) - Premesse

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Su siti e forum dedicati agli amanti degli Usa, leggo spesso commenti di ragazzi italiani che sono stufi di questa Italia in cui ormai non si trova piu' lavoro (se non ridicoli contratti a progetto a 800 euro al mese), la gente ha sempre meno senso civico, la burocrazia e’ snervante, le tasse sono asfissianti e siamo dominati da decenni da un gruppo di vecchi decrepiti avvinghiati alle loro poltrone. E quindi arriva il giorno in cui diciamo: basta, ho deciso, lascio l’Italia vado a vivere negli Stati Uniti. E' una decisione comprensibilissima che presi anche io quando partii per gli States circa otto anni fa. Ora mi trovo intrappolato nuovamente (ma spero temporaneamente) in Italia ma potete considerarmi un amico che, essendo gia' andato in avanscoperta e avendo vissuto in Usa per quasi sette anni, puo' darvi qualche buon consiglio su come cercare di realizzare il vostro American Dream. Bene, da amico, devo quindi darvi la prima importante notizia. Dire Basta, mi trasferisco in America e' solo l’inizio di un lungo e tortuoso cammino e solo pochi riusciranno ad arrivare al traguardo. Avete presente La Lunga Marcia di Stephen King? Mettiamola cosi’: trasferirsi negli Stati Uniti e’ quasi impossibile. Ma quel QUASI e' come una scala appoggiata a un muro.
Prima di tutto e' sempre bene trascorrere un periodo iniziale da turista, tanto per vedere se davvero vi piace e avere un quadro piu' preciso della realta', che a volte puo' essere filtrato (in meglio o in peggio) delle idee che vi siete fatti crescendo con centinaia di telefilm e film americani.
Dopo esservi convinti che gli Usa vi piacciono davvero, che non vorreste vivere in nessun altro luogo al mondo e siete sicurissimi che vale la pena tentare di realizzare il vostro sogno americano, dovete progettare una strategia mirata e a lungo termine, informarvi sui Visti, mettere in gioco un bel po' di risparmi tenendo in considerazione che c'e' un'alta probabilita' che non pochi euro potrebbero venire bruciati senza raggiungere lo scopo. Pazienza, testardaggine e fortuna sono altri elementi fondamentali.  
Parto e sono disposto a fare qualsiasi lavoro! Anche il cameriere.
Se e’ cio’ che state pensando dovete sapere che gli Usa sono molto severi e selettivi in termini di immigrazione. Dimenticatevi gli sbarchi in massa degli immigrati sulle coste italiane, il concetto base e’ che chi entra negli Stati Uniti non deve essere un peso per l’economia americana, deve potersi mantenere e soprattutto non deve “rubare” un potenziale posto di lavoro ad un americano.
Quindi perche’ le autorita' americane dovrebbero svantaggiare un americano concedendo che un ristorante possa assumere uno straniero per un comune lavoro di cameriere?  Ci sono gia' migliaia di Americani in cerca di lavoro che potrebbero fare il cameriere e sembrera' strano ma in America gli Americani hanno la precedenza e le istituzioni li tutelano. E' una logica che fa penare uno straniero in cerca di lavoro ma bisogna imparare ad accettarla e rispettarla.
E se lavorassi in nero? potrebbe pensare qualcuno. Ve lo sconsiglio perche' se vi scoprono rischiate di venire rimpatriati in Italia e di non poter mettere piu' piede negli Stati Uniti almeno per dieci anni. Ma in realta' il problema non si pone neanche perche' una compagnia che assumesse in nero rischierebbe delle multe salatissime e potrebbero anche fargli chiudere il locale. Quindi non troverete compagnie disposte a correre questi rischi.
E allora cosa fare? Ci sono alcune strategie e di una in particolare ve ne parlero' alla prossimo post. 

Efficienza a confronto: Italia e Usa

Oggi ho avuto la ri-conferma di quanto siano diversi Italia e Stati Uniti nel settore del lavoro, del rispetto verso il lavoratore e soprattutto nell'efficienza.
Un paio di mesi fa ho lavorato ad un progetto di traduzioni per una compagnia italiana. Si trattava di un lavoro esterno con contratto a progetto di una settimana.
Dopo aver terminato il progetto mi dissero che per l'assegno avrei dovuto aspettare "qualche giorno". E aspetta oggi, aspetta domani, l'assegno non arrivava mai alla mia cassetta delle poste. Finalmente, dopo oltre un mese, vengo contattato telefonicamente dall'azienda che mi dice che l'assegno e' pronto e posso andare a ritirarlo.
Ho poi lavorato ad un altro breve progetto freelance per la traduzione dei contenuti di un sito americano. Ieri ho terminato il progetto e l'azienda mi ha inviato l'assegno via Fed Ex Overnight, a loro spese.  L'assegno mi quindi e' arrivato dopo solo 24 ore dal completamento del progetto.
E non dovrebbe venirmi la voglia di ritornare in America?

giovedì 12 luglio 2012

Nuovomondo

Cari lettori oggi vorrei consigliarvi un film sul tema dell'emigrazione italiana negli Stati Uniti.
E' Nuovomondo, film del 2006 di Emanuele Crialese che ci racconta la storia della famiglia Mancuso che agli inizi del 900 decide di lasciare la Sicilia alla volta del Nuovo Mondo.
E' assieme a loro su quella nave ci sono molti altri disperati che hanno sentito dire cose meravigliose sull'America, terra in cui scorrono fiumi di latte e crescono ortaggi giganteschi.
Il viaggio e' interminabile ma finalmente un giorno appare all'orizzonte la Statua della Liberta che da' il benvenuto a tutti nel Paese della liberta' e delle grandi opportunita'. New York e' a sole poche centinaia di metri ma e' tuttavia ancora lontanissima perche' prima di poter metterci piede bisogna sottoporsi alle visite psico-fisiche ad Ellis Island, e non tutti le superano. Non pochi vengono mandati indietro ai loro Paesi di origine.
Non voglio svelarvi niente ma e' sicuramente un film da vedere.
Questa e' la famosa "scena del distacco"
E questa e' una scena dei test di ingresso
Se avete l'occasione di andare a NY, vi consiglio vivamente di trascorrere una giornata ad Ellis Island, e fare il percorso delle stanze in cui si svolgevano le visite psico-fisiche possibilmente con l'ausilio delle cuffie con l'audio in italiano. E' davvero un'esperienza emozionante rivivere le ore di spaesamento e di incertezza dei nostri avi appena arrivati in America, in quel luogo in cui sarebbero stati decisi i loro destini e quelli dei loro figli, ancora in bilico tra l'essere mandati indietro al vecchio mondo di miseria e l'essere accettati nel nuovo mondo di speranza.

lunedì 9 luglio 2012

Intervista a MrRomoletto88


Gioele è un ragazzo italiano che si è trasferito negli Usa da pochissimi mesi. In rete è noto come MrRomoletto88 e i suoi video sono seguiti da molti utenti di Youtube che sono sempre in cerca di nuovi video-racconti da parte di connazionali che hanno lasciato l’Italia per andare a vivere all'estero.
E' sempre interessante riuscire ad intervistare un emigrante come Gioele perché vivendo da poco tempo negli Stati Uniti può riuscire ad osservare il Nuovo Mondo con gli occhi ancora pieni di meraviglia ed e' in grado di descrivere molto bene le differenze tra Italia e Stati Uniti...prima di venire gradualmente e inevitabilmente assorbito dalla nuova cultura.
Inoltre la sua storia è singolare perché, diversamente da molti emigranti che si sono trasferiti in Usa tramite un lavoro, Gioele sta percorrendo una strada sicuramente più originale. 

Ecco a voi la sua intervista:
 

Ciao Gioele, dove vivi e da quanto tempo sei in Usa?
Ciao a tutti, vivo in America dall'ottobre 2011. Ho vissuto per sei mesi a Washington DC, dove mi sono trovato veramente bene. A maggio mi sono sposato e attualmente vivo a Nashville,TN.
Eri stato in Usa altre volte in passato?
La prima volta che ho messo piede negli Stati Uniti è stato ad ottobre, un'emozione grandissima.
Cosa facevi in Italia?
L'ultimo periodo che ho vissuto in Italia, lavoravo con una compagnia partner della Telecom, ero un agente di vendita.
C’e’ stato un motivo in particolare che ha fatto nascere in te il desiderio di trasferirti in Usa? Diciamo che ho sempre avuto il sogno americano, ma se non avessi conosciuto mia moglie sarei andato in America solo ed unicamente per vacanza. In Italia stavo bene, ho la mia famiglia, i miei amici, avevo un bellissimo lavoro. Ma per amore si fa di tutto no?
Se non sono indiscreto, dove hai conosciuto tua moglie americana e come è nata la decisione di vivere negli Stati Uniti invece che in Italia? Quali sono stati pro e contro che avete analizzato assieme?
Ho conosciuto mia moglie a Roma nel 2010, lei era li per fare un semestre alla John Cabot University. Il giorno dopo il suo arrivo, ci siamo conosciuti e da quel giorno
ci siamo separati solo ed unicamente quando lei ritornava in America per trovare la suafamiglia e viceversa. Abbiamo deciso di vivere in USA solo perché lei aveva già un lavoro.
Conoscevi altre persone quando sei arrivato negli Stati Uniti? Hai avuto
qualche appoggio iniziale o anche solo qualche consiglio su come muoverti da parte di amici o parenti che vivevano lì?
L'unica persona che conoscevo era mia moglie, dopo quindici giorni ho conosciuto tantissimi italiani che vivono a Washington Dc, tra qui il mio miglio amico Luigi (Italo-Americano). Loro mi hanno aiutato tantissimo, sia per il mio Inglese (che non era perfetto), sia per conoscere meglio la cultura americana.
Sei andato li’ con un visto? Hai poi fatto domanda per la carta verde?
La prima volta sono entrato come turista, viaggio senza visto (ESTA); mentre ero in America abbiamo fatto la richiesta del visto K, che ti consente di entrare negli Stati Uniti e sposarti. Il visto ti viene concesso dopo una lunga documentazione, devi dimostrare che la tua relazione è vera e dura da almeno 2 anni, lettere da parte della famiglia, amici e conoscenti (tutte timbrate da un notaio), conto in banca insieme, affitto di casa insieme, uno sponsor (che normalmente è tua moglie o marito) che deve dimostrare di poterti supportare per 2 anni, foto insieme, biglietti di aereo, tabulati telefonici o Skype (io avevo 850 pagine, ma siamo riusciti a racchiuderle in 50), vaccini, certificato di nascita in multilingue (viene rilasciato dal tuo comune) e tanti tanti documenti da compilare per la USCIS (in totale 500 pagine). Se viene approvato, ti puoi recare negli USA per sposarti. Poi si fa la richiesta della Green Card, ma prima bisogna effettuare un colloquio negli uffici della USCIS.
Una volta ottenuto il visto K (anche noto come “visto per fidanzati”), bisogna sposarsi entro un certo tempo?
Si,una volta ottenuto il visto K hai 3 mesi di tempo per sposarti. Se in quei mesi non ti sposi, il visto si annullerà e bisognerà rifare tutta la trafila da capo.
Hai comprato casa in Usa? Sono costose le case nell’area in cui vivi?
No attualmente sono in affitto. Per comprare una casa qui a Nashville non ci vogliono tantissimi soldi, con 250 mila dollari puoi farti una villa da 200mq. Poi dipende sempre in che zona vai a vivere. (Dico che non ci vogliono tantissimi soldi perché sono abituate ai prezzi di Roma)
Di solito molti emigranti italiani vanno a vivere nell’area di NY o in California. Tu vivi in una zona che definirei meno “raccontata” degli States. Parlacene un po’. Come si vive lì? Come ti sembra la gente e la qualità della vita?
Sembrerà strano ma NYC non mi piace. La città più bella degli USA per me è Los Angeles, precisamente Santa Monica, ma per andare a vivere li bisogna avere tanti ma tanti soldi. Allora con mia moglie abbiamo deciso di andare a vivere a Nashville, dove lei ha sua nonna e i suoi zii paterni. Nashville è la capitale della musica County, dove vai vai, per strada, nei locali e nei centri commerciali, puoi ascoltare sempre buona musica County. La gente del sud è famosa in America per la gentilezza, ad esempio quando si entra in un locale in Italia ti chiedono:”Salve come posso aiutarla” mentre qui entri in un locale e ti dicono: ”Ciao come ti chiami? Da dove vieni? Ti
piace Nashville?ecc...” In poche parole si instaura un rapporto di amicizia. Il costo della vita è molto molto più basso di Washington, un pacchetto di sigaretto in DC costa $7 qui costa $3, la benzina in DC costa $4.34 qui costa $3.09.
Molti ragazzi italiani sognano di trasferirsi in Usa ma pochi sanno che non è facilissimo. Puoi confermarlo? Che consiglio daresti a chi ha il sogno di andare a vivere in Usa?
Come dico sempre nei miei blog (http://www.youtube.com/user/MrRomoletto88). trasferirsi in America non è impossibile ma quasi.
Bisogna avere almeno una laurea o essere dei talenti in qualche cosa. Non si può venire in America e pensare di lavorare come cameriere, questo è un lavoro che può fare qualsiasi cittadino americano. Il consiglio che do a tutti è quello di venire in USA per frequentare l'università o fare un Master, oppure venire come ragazzo/a alla pari. Poi una volta che si è qui, si possono fare amicizie e da cosa può nascere cosa.
Parliamo di cibo, hai cambiato totalmente abitudini alimentari? Cosa ti piace in particolare del cibo americano?
A dire la verità a casa cucino sempre io e al supermercato vendono prodotti italiani. Quindi no, non ho cambiato abitudini, solo che mi manca la cucina di mia nonna.
In America invece ho iniziato ad amare il barbecue.
Ti manca la cucina italiana?
TROPPO
Torni spesso in Italia?
Almeno un mese all'anno.
Cosa apprezzi degli Usa che non c’e’ in Italia?
In Italia non c'è la cultura di andare a cena fuori almeno tre volte a settimana. Apprezzo molto le opportunità che hanno i ragazzi in America. Non bisogna avere 50 anni per essere un direttore o per guadagnare 50 mila dollari all'anno (come minimo).
Ci sono delle cose alle quali non sei più abituato quando torni in Italia?
Girare a destra con il rosso!!! E si, in America se non passa nessuna macchina puoi girare a destra con il rosso.
Cosa ti manca dell’Italia?
La mia famiglia, il mio cane Romoletto (il quale da il nome al mio blog), e il cibo.
Come trascorri le tue giornate in America? Ci sono molte differenze nello stile di vita? E’ più stressante dello stile di vita italiano?
Attualmente sto frequentando un corso d'Inglese per migliorare la pronuncia e imparare parole nuove (i vocaboli sono tantissimi). Le differenze sono molte, ad esempio quasi tutte le sere dopo mangiato (si mangia alle 6 o 6 e 30) si esce per andare in un centro commerciale o in qualche locale. In Italia normalmente si esce dal venerdì, qui invece si esce tutti i giorni.
Molti Italiani che vanno in Usa si meravigliano della gentilezza e del senso civico degli Americani che sfata un luogo comune che gli Americani vanno sempre di fretta e non hanno troppo tempo da dedicare alle persone. Tu cosa ne pensi? Hai esperienze particolari a riguardo?
Come ho risposto prima, ho vissuto solo in città dove regna la gentilezza e il rispetto, ma non mi sono meravigliato...Forse perché mia moglie mi aveva raccontato che in America le persone sono gentili e ti aiutano in tutto. Però è vero che a NYC le persone vanno sempre di fretta.
Ci sono delle cose che ti mancano degli Usa se ti trovi temporaneamente in Italia?
L'unica volta che sono tornato in Italia da quando vivo in USA è stato senza mia moglie, e mi manca veramente tanto, mentre se parliamo di abitudini mi mancava tutto, le uscite, le cene fuori, lo sport, in poche parole il mio nuovo stile di vita.
Gli Americani cosa pensano degli Italiani? Hanno qualche luogo comune?
La cosa bella degli Americani è che se tu gli dici che sei Italiano per loro tu sei un fotomodello, ma se gli dici che sei di Roma ti vogliono sposare! Poi pensano sempre al buon cibo, San Pietro, Mafia, Pizza ecc... le solite cose!
E c’e’ qualcosa che pensavi degli Americani prima di partire e che poi si e’ rivelato un luogo comune?
Pensavo che fossero tutti ciccioni ma poi ho capito che la maggior parte delle persone grasse sono persone che purtroppo non stanno bene economicamente.
Hai intenzione di restare in Usa a vita o torneresti un giorno in Italia?
Chi lo sa? Ma sicuramente viaggeremo molto...
Grazie Gioele per l’intervista e auguriamo a te e tua moglie un grosso in bocca al lupo per la vostra nuova negli Stati Uniti.

Per chi fosse interessato ai video di Gioele questo e' il suo canale Vivere in America su YouTube e questo e' il suo canale Vivere in America su Facebook.

PIF e l'America



Qualche tempo fa Pif, soprannominato "quello che filma la vita", realizzo' dei servizi stupendi per la trasmissione Il Testimone di MTV dedicando due episodi agli Stati Uniti.
In "Voglio fa l'americano" Pif gioca molto sulle differenze tra Italia e Stati Uniti riuscendo a raggiungere un equilibrio che raramente ho visto in altri servizi, perche' e' riuscito a darci un quadro fedele dello stile di vita americano non idolatrando gli Stati Uniti e non denigrando l'Italia.
Ecco a voi...Voglio fa l'americano:
Voglio fa l'americano (parte 1)
Voglio fa l'americano (parte 2)
Voglio fa l'americano (parte 3)
Voglio fa l'americano (parte 4)
In questo altro servizio intitolato "Little Italy", Pif si concentra sugli Italiani che si sono trasferiti stabilmente in Usa mostrandoci un ampio catalogo di emigranti giovani e meno giovani, di successo e non di successo, ma tutti accomunati dal concetto di meritocrazia e dal senso di liberta' che hanno iniziato a respirare dopo aver lasciato l'Italia.
Ecco a voi...Little Italy:
Little Italy (parte 1)
Little Italy (parte 2)

venerdì 6 luglio 2012

My name is Tanino


Cari lettori, siamo arrivati gia' a oltre 1000 visualizzazioni! Grazie mille!
Poiche' quasi tutti i miei lettori sono Italiani interessati a tutto cio' che riguarda gli Stati Uniti da oggi iniziero' a postare link, seri o meno seri, sulle differenze tra Italia e Usa.
Qualche tempo fa vidi un film molto carino di Paolo Virzi': My name is Tanino.
E' un film molto interessante perche' mostra bene alcune differenze culturali tra gli Italiani, gli Americani e gli Italo-Americani. La parte in cui Tanino frequenta la grassona americana e' stupenda!
Eccone un assaggio: Tanino e la sua ragazzona americana
E qui potete guardare il film completo: My name is Tanino (film completo)
Se vedrete questo film mi piacerebbe leggere i vostri commenti.
Altri consigli sul mondo a stelle e strisce e sulle differenze con l'Italia sono in arrivo... Enjoy!