domenica 10 dicembre 2017

Chi si ferma è perduto

Pochi giorni fa ho scritto un post in cui descrivevo la facilità con cui gli Americani cambiano lavoro o, per lo meno, la loro propensione mentale a cambiare. Il post  ha suscitato un pò di incredulità da parte di qualche lettore italiano che sostanzialmente mi ha chiesto, nei commenti, se è mai possibile che gli Americani riescano a mettere da parte famiglia ed amici così facilmente pur di inseguire un lavoro migliore, in un'altra città o addirittura in un altro stato.  La mia risposta è: si, è possibile, confermo e sottoscrivo, e anzi "rilancio" con un'altra idea, confermata dalla realtà e da questo articolo di Monster.com, sostenendo che non solo gli Americani cambiano lavoro quando le cose un pochino male ma anche quando vanno benino perché qui, nonostante la crisi e con le dovute eccezioni, si può sempre trovare di meglio e l'articolo di Monster conferma questa mia tesi. L'articolo può suonare strano ad alcuni lettori ma la prospettiva americana è davvero diversa.
Sarà perché la disoccupazione è a livelli bassissimi, sarà perché la meritocrazia è presente, fatto sta che gli Americani non cercano il posto fisso e lo guardano con sospetto perché chi si ferma è perduto e il segreto è cambiare. Ovviamente l'autore non si riferisce a chi all'interno della stessa azienda riesce a ottenere promozioni e aumenti sostanziosi nel giro di un breve periodo ma queste sono situazioni da film, o meglio ci sono ma non così frequenti come si possa pensare, per tutti i comuni mortali la storia è diversa e bisogna sudare sette camicie per raggiungere dei risultati e se si arriva a un punto di stallo, senza scatti in carriera o aumenti sostanziali, con la consapevolezza che niente di li a breve cambierà, l'unica cosa da fare è cambiare. Guardarsi attorno, andare a fare colloqui e arrivederci e grazie quando si trova una compagnia migliore.

L'autore dell'articolo suggerisce la regola dei 4 anni. Se in quel periodo gli aumenti e le promozioni tardano ad arrivare, è tempo di cambiare, vi siete adagiati troppo, dovete darvi una mossa. 
Non solo, restare troppo a lungo nella stessa compagnia può essere considerato controproducente. Una tale "stabilità" può far pensare ai potenziali datori di lavoro che non siete dinamici, vi siete impigriti, non avete ambizioni e probabilmente non siete propensi al cambiamento e quindi anche più difficili da inserire in una nuova azienda, soprattutto quando vedono che non avete avuto avanzamenti in carriera e siete rimasti magari anche 8-10 anni nella stessa azienda. 

Dal punto di vista italiano l'idea di cambiare lavoro può fare paura o alla meglio ci mette un pò in ansia. Prendiamo il mio caso. Mi trovo bene con tutti, i colleghi e i superiori sono simpatici, sembra quasi una famiglia, non ho particolari difficoltà, tutto è ormai molto facile e senza sorprese. L'idea di cambiare lavoro mi fa pensare al fastidio di andare a fare colloqui, cambiare città, cercare un nuovo appartamento, mettermi a fare un trasloco... Aspetta un attimo, dico a me stesso, ci pensiamo tra un paio di mesi. Allo stesso tempo qualcos'altro mi dice di cambiare. Perché l'idillio è solo apparente e se considero un piccolo avanzamento e un piccolo aumento agli inizi, la situazione è rimasta statica, troppo statica, non sto imparando niente di nuovo, non vedo possibilità imminenti di avanzamenti e nonostante sia molto apprezzato dal mio manager, l'aumento promesso sta tardando ad arrivare (da oltre un anno) e sto iniziando ad annoiarmi. Non sarà tempo di cambiare? Se osservo alcune giovani colleghe americane devo dire che la mentalità è totalmente diversa. Molto americana, ovviamente. Laureate nei tempi, perché qui non esiste il fuori corso, a 22 anni hanno iniziato a lavorare, hanno cambiato due tre compagnie e sono da poco approdate alla nostra. Guadagnano più di me  (alcune per merito altre un pò meno) e sono accomunate da una caratteristica: hanno sempre cambiato anche quando stavano bene. Addirittura continuano a cercare lavoro e a fare colloqui anche adesso che a solo tre anni dalla laurea guadagnano già moltissimo, hanno quell'ottimismo e quel dinamismo meno presente in noi italiani perché gli avranno insegnato, come un mantra, che le opportunità in questo Paese sono sempre dietro l'angolo e non bisogna mai adagiarsi. Ecco forse dovrei prendere esempio da loro e rimboccarmi le maniche. Non dovrei più pensare che mi attivo tra un paio di mesi. E' così che passano gli anni e chi si ferma è perduto.

6 commenti:

  1. Continuo a rimanere molto perplesso...
    Se prima era perchè trovavo strano si potesse lasciare tutto così a cuor leggero per motivi "pratici" adesso che mi hai spiegato come stanno le cose non ho difficoltà ad accettarlo
    Le mie perplessità ora sono di altro tipo: non sono ipercompetitivo, non intendo esserlo e non ho nessun problema a dirlo!
    Se trovo un lavoro dove guadagno molto bene (e in USA è relativamente facile, mi sembra di capire), mi fermo lì, il migliorarsi economicamente si paga in altri modi che non sono disposto ad accettare
    La pensavo così 30 anni fa, la penso così adesso
    Come hai commentato tu nel precedente post, in Italia abbiamo ancora una prospettiva diversa su lavoro, famiglia, amici e priorità e finchè non ne sarò costretto non ho intenzione di cambiarle queste priorità
    Le lascio ad altri con tutti i loro stress e le loro solitudini (ho una mezza idea del perchè I ragazzi scandinavi e australiani siano tutti un pò ubriaconi :D )
    Poi c'è chi si realizza nel lavoro: se questa è la loro scelta di vita, gli auguro tutte le fortune di questo mondo e le rispetto (finchè fatte con onestà)
    Purtroppo mentre tu rispetti queste persone non sempre (anzi, abbastanza spesso) queste persone rispettano te e le tue idee sulla "qualità della vita" diverse dalle loro
    Se ho quanto basta per vivere dignitosamente mi fermo
    Ma mi sembra di capire che in USA sarebbe un suicidio: magari lavori bene, ma all'improvviso arriva quella che ti supera "non per merito" e devi trovarti altro e magari è difficile se hai cambiato pochi posti di lavoro
    Pazienza, vuol dire che gli USA non sono adatti a me: mi piace molto leggere il tuo blog e imparare la vita di tutti i giorni di un altro paese (gli stranieri con cui parlo quasi sempre mi prendono per americano per via di certi miei modi pragmatici di porsi, per via di certi miei gusti e di certe mie opinioni), ma anche se adoravo alla follia l'America anni '80, oggi come oggi in USA non ci vivrei a causa di una società che non mi piace più...

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    1. Ciao Alex, sono interessanti i tuoi punti di vista. Alcune precisazioni. Non è sempre così, io parlo per la mia esperienza personale e mi baso su ciò che sento in giro da chi vive qui. Altra precisazione: la competizione estrema non la giudico una cosa sempre positiva. E a volte penso: vale la pena farsi il sangue amaro per un aumento che non arriva, per i colleghi che non meritano questi stipendi solo perché sono ex colleghi del nuovo capo? Alla fine non sto male, riesco a mantenermi da solo e potrei essere soddisfatto così. Ma quando vivi qui sei in mezzo a due mentalità quella italiana e quella americana e a volte non sai quale delle due riuscirà a prevalere. E comunque mi dicono che in altri Stati più a Sud le cose sono meno stressanti. Le cose stanno così: in Italia lavoriamo per vivere e in America vivono per lavorare. In Italia preferiamo la qualità della vita, la famiglia, gli amici. MA mi chiedo spesso: se in Italia ci fossero le stesse opportunità di lavoro che ci sono qui, con lo stesso mercato del lavoro più dinamico, con maggiore meritocrazia e stipendi che variano molto da compagnia a compagnia siamo sicuri che noi Italiani continueremmo a preferire amici e famiglia e non le metteremmo in secondo piano per inseguire lavori migliori? Non lo so, io ho i miei dubbi. Non dico che sia un bene perché noto le contraddizioni di questo stile di vita e vedo la depressione e le solitudini di molte persone. Ma a questo proposito scriverò presto un post che riguarda un mio vicino americano. Sono certo che avrai altri spunti di riflessione. Continua a seguirmi. Ciao.

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    2. Chiaro che se in Italia ci fossero le stesse opportunità, anche qui ci sarebbero persone che si comporterebbero come gli americani, ma è anche normale...
      Quello che io contesto è quel confine magari un pò difficile da definire perchè ognuno ha la sua idea, tra il normale desiderio di benessere economico e il vivere solo in relazione alla carriera lavorativa
      In realtà il benessere economico c'è (chi più chi meno, a seconda della situazione economica dei singoli paesi), anche da altre parti: Canada, Giappone,Corea, Islanda, Inghilterra, Australia, paesi scandinavi...
      In piccolo, c'è anche in Italia...
      Da come parli degli USA (o da come ho capito io quello che hai scritto) però, mi pare che questa mentalità di vivere esclusivamente con l'unico valore che sia il denaro sia praticamente cosa comune a tutti, se uno osa non farlo è una mosca bianca che magari pagherà pure in termini di futuro benessere lavorativo/finanziario perchè come dici tu, chi si ferma è perduto

      La competitività è una cosa l'ipercompetività un altra
      Lecita per carità, ma non è cosa per me, in America non avrei i problemi finanziari di qui, ma non so quanto sarei felice

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  2. Ciao Alex,

    é interessante vedere la diversa prospettiva sul mondo del lavoro. Credo di aver capito che sei piú grande d'etá, e quindi ti sei collocato lavorativamente nel periodo pre-globalizzazione. Per noi (almeno per me) é diverso. Io ho trovato il mio primo lavoro post-laurea all'alba della crisi del 2008, e si é capito subito che sarebbe stata durissima. Sono in linea di massima d'accordo con tutto quello che dici, neanche io vorrei essere competitivo, ma é il mondo del lavoro attuale che mi costringe ad esserlo, anzi che costringe quelli della mia generazione, ad esserlo. Almeno io, se potessi, ne farei volentieri a meno.

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    1. Beh, il mio nick parla da solo, ho 50 anni
      Ho sempre lavorato in Italia nel ramo informatico e il lavoro l'ho sempre trovato...
      Sarebbe un discorso lungo e complesso, quando avevo 20 anni anche un operaio si faceva con dei sacrifici una casa piccola ma decorosa, oggi non si vive se non si è in due a lavorare, magari anche se laureati
      La mia idea è che faccia comodo alle grandi elìte avere tante formichine impazzite che si ammazzano di lavoro, così guadagnano e la gente troppo stanca e stressata non ha il tempo di pensare ad appenderli per il collo a certi signori...
      Per questo la situazione americana mi incuriosisce, mi interesserebbe sapere se un lavoro dove guadagni bene te lo puoi tenere o se magari 15 anni dopo vieni mandato via per una persona più giovane e poi magari sono cavoli "perchè non ti sei mosso"
      In questo secondo caso mi sembra un estremo opposto a quello italiano, ma pur sempre un estremo che ha lo stesso scopo di quello italico
      No no, ne so poco di come si vive negli USA ma sono sicuro che politici, sportivi, attori famosi, e grandi finanzieri non hanno la necessità di cambiare ogni 4 anni come dice l'articolista di monster...

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    2. per il discorso-casa considera che io sono ingegnere aerospaziale con 10 anni di esperienza, e comprare casa al momento mi pare un miraggio.

      sono d'accordo con tutto quello che dici. Ovviamente il sistema é fatto apposta per tenere le persone occupate il piú possibile, ma é inutile provare a parlarne. Nessuno vede al di lá del proprio naso.

      Se la tieni occupata, la massa non baderá alle maialate che tu fai da politico. Io non credo nemmeno che si uscirá mai completamente dalla "crisi". Piú la classe media si impoverisce e dovrá lottare per sopravvivere, meno tempo avrá per impensierire le classi dirigenti.

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